LEQUILE: San Vito ,Un paese sotto la protezione di questo piccolo grande Santo .
La
comunità di Lequile, nonostante la riforma liturgica del Concilio Vaticano II
abbia indicato che la festa del Santo Patrono debba celebrarsi il giorno della
nascita al cielo, cioè il 15 di giugno, è rimasta legata alla tradizione
festeggiando San Vito in tre date
diverse.
A) Il 13 febbraio: "Festa del Patrocinio" o "Santu Itu Piccinnu"
B) Il martedì di Pasqua: "Festa della traslazione della reliquia" o "Santu Itu Menzanu"
C) La IV domenica di giugno: "Festa del Santo Patrono" o "Te Santu Itu ranne"
A) Il 13 febbraio: "Festa del Patrocinio" o "Santu Itu Piccinnu"
B) Il martedì di Pasqua: "Festa della traslazione della reliquia" o "Santu Itu Menzanu"
C) La IV domenica di giugno: "Festa del Santo Patrono" o "Te Santu Itu ranne"
Piazzale e chiesa di S.Vito |
1-San Vito, venerato anche come san
Vito martire o san Vito di Lucania (Mazara del Vallo, III secolo – Lucania, 15 giugno 303), fu un giovane cristiano che subì il martirio per
la fede nel 303 ed è venerato come santo da tutte le chiese che ammettono il
culto dei santi. La memoria liturgica è da ricordare
nei giorni 15 giugno. Anche se dai
cittadini di Lequile viene festeggiato la IV domenica di giugno. Non si hanno
dati storicamente accertati sulla sua origine, ma la tradizione lo
vuole nato in Sicilia da padre pagano. Secondo una passio
del VII secolo il fanciullo
siciliano Vito[3], dopo aver
operato già molti miracoli, sarebbe stato fatto arrestare dal preside Valeriano
su istigazione del proprio padre. Avrebbe subito torture e sarebbe stato
gettato in carcere senza che però avesse rinnegato la propria fede; sarebbe
stato liberato miracolosamente da un angelo e si sarebbe recato, insieme al
precettore Modesto e alla nutrice Crescenzia, in Lucania per
continuare il suo apostolato.
Acquistata sempre maggior fama presso il
popolo dei fedeli, condotto a Roma, sarebbe stato perfino supplicato
dall'imperatore Diocleziano di liberare il
figlio dal demonio (forse si
trattava di epilessia) ma, ottenuto il
miracolo, Diocleziano gli si sarebbe scagliato contro, facendolo imprigionare e
uccidere.Un'altra leggenda devozionale lo vede protagonista sempre in Sicilia, a Regalbuto, dove, fermatosi per riposare nel luogo dove ora sorge la chiesa dei cappuccini, avrebbe incontrato dei pastori disperati perché alcuni cani avevano sbranato un bambino; allora il Santo, richiamati i cani, si sarebbe fatto restituire da essi i resti del corpo del bambino a cui avrebbe ridonato la vita. Si dice che dopo il martirio le ossa di San Vito furono gettate nel fiume Sele, ma è molto probabile che sia stato seppellito accanto alla chiesa eburina di San Vito al Sele e questa ipotesi si consolida grazie ai vari ritrovamenti. San Vito fa parte dei 14 Santi Ausiliatori, molto venerati nel Medioevo, la cui intercessione veniva considerata particolarmente efficace nelle malattie o specifiche necessità. Gli altri tredici Ausiliatori sono: Acacio, Barbara, Biagio, Caterina d’Alessandria, Ciriaco, Cristoforo, Dionigi, Egidio, Erasmo, Eustachio, Giorgio, Margherita, Pantaleone.
Il culto per s. Vito è attestato dalla fine del V secolo infatti, Italia la devozione verso , questo
“ Piccolo grande Santo “ è molto diffusa si nota ciò per il fatto che è venerato e festeggiato in ben 11 comuni italiani e ovviamente tra questi rientra Lequile.
2- Quindi , ricapitolando, la festa in
onore di San Vito per la Chiesa universale si celebra il 15 giugno; ma Lequile
da molti secoli celebra i solenni festeggiamenti in onore del Santo Patrono la
quarta domenica di giugno.Nella Visita Pastorale del 1695 del vescovo Pappacoda
si legge che: "...si celebra la festa nella domenica seguente il 15 di
giugno, durante la quale il clero canta i primi e i secondi vespri e la Messa
solenne".
Il 14 di giugno a sera il Capitolo dei sacerdoti al completo con numerosi fedeli portava la statua processionalmente dalla chiesa Matrice a quella del Santo ove si celebravano i solenni festeggiamenti: il sabato a sera, vigilia della quarta domenica di giugno, con numeroso concorso di fedeli si svolgeva la processione con il Simulacro del Santo e con la reliquia del sangue(foto a destra) per le vie della cittadina.
La domenica di buon mattino il suono festoso delle campane
richiamava i fedeli a vivere con gioia e letizia il giorno di festa. Si
partecipava ad una santa Messa, alla benedizione e poi ci si recava alla
fiera.La festa patronale infatti era religiosa, ma anche civile ed economica
con pubblico riconoscimento da parte delle autorità governative del tempo.
"Il Regio Collateral Consiglio, su supplica dell'Università (= Comune) di
Lequile che ha ottenuto dallo stesso il privilegio di "poter fare una
pubblica fiera, un mercato nella festività di San Vito suo protettore, e quella
debba durare otto giorni continui," concede con decreto del 9 aprile 1683 che
il Sindaco pro tempore possa esercitare l'ufficio di Maestro del mercato
"per governare detta fiera...come è solito in tutte le altre fiere che si
fanno nelle altre Università".
In seguito, poiché la fiera e la festa religiosa si celebravano nel medesimo giorno anche in altri paesi non molto lontani come a Carmiano, a Castri e a Roca, le autorità del tempo ottennero che la festa patronale con la fiera si celebrasse a Lequile la quarta domenica di giugno. Con sovrano decreto del 4 ottobre 1834 Ferdinando II, re delle due Sicilie, autorizzava l'istituzione di "una fiera annuale nella quarta domenica di giugno e nel sabato precedente".
In otto giorni di fiera e di festa religiosa mentre il clero si occupava delle sole funzioni religiose, le autorità civili si occupavano della raccolta delle offerte per organizzare i festeggiamenti religiosi e civili."Ogni anno infatti il Parlamento generale eleggeva il 15 giugno " i nuovi Procuratori per la Cappella di San Vito" con l'incarico di amministrare i beni della Cappella e di organizzare i festeggiamenti in onore del protettore del paese".
Risulta infatti che i devoti di San Vito avevano donato alla Cappella di San Vito dei fondi di oliveti o seminativi il cui affitto riscosso dal Comune doveva essere impiegato o per il culto in onore di San Vito o per la manutenzione della chiesa.
La devozione verso San Vito superava i confini del vasto feudo di Lequile.
Fedeli devoti, a piedi, dai paesi limitrofi, venivano nella chiesa di San Vito per sciogliere qualche voto o per chiedere al Santo adolescente delle grazie particolari. Era consuetudine che le mamme vestissero i loro figli con l'abitino di San Vito e li portassero in chiesa; questi camminando con le ginocchia sul pavimento si recavano fino ai piedi della statua del Santo per chiedere la guarigione della propria creatura e la sua potente intercessione.
Così P. Bonaventura descrive la festa in modo enfatico: "Concorre il giorno festivo gran gente per vedere gli onori, che fa questo suo gran titolare. Porta in processione colla statua del Santo, quella di Modesto e Crescentia, per non perdere il suo nobile vanto, che se l'Aquila fa tre ova, e non più: Aquilae pariunt ova terna, ella come mistica Aquila ha partorito questi tre Santi alla devozione. Ha per costume il giorno festivo portare in processione il Venerabile, e collocarlo nell'Altare del Santo; tutto per alludere al suo bel Nome: un'Aquila porta il pane a Vito affamato sulla sponda del fiume Sileno, e la mistica Aquila di Lequile mette di fronte a Vito il Pane Sacramentato. L'Aquila diede a Vito il pane materiale e quest'Aquila presenta il Pane Spirituale...
Anche ai nostri giorni si continua a constatare questo vivo risveglio devozionale verso San Vito. Quando arriva la quarta domenica di giugno tutti i lequilesi e moltissimi devoti dei paesi della provincia si recano nella chiesa di San Vito per pregare ai piedi della statua e chiedere grazie per l'intercessione del Santo Adolescente. Sempre affollate sin dal primo mattino sono le diverse Messe, come anche la processione del sabato sera che richiama una grossa partecipazione di devoti che, ordinati e raccolti, vanno dietro alla statua del Santo che viene portata a spalla dal gruppo "Amici di San Vito".
In seguito, per la concomitanza di altre fiere in paesi non molto distanti come a Castri e a Carmiano in cui si venera San Vito, la fiera di Lequile fu spostata alla IV domenica di giugno. Fu infatti Ferdinando II di Borbone, re delle Due Sicilie (1830-1859), che volle dare ordine alle numerose fiere del suo Regno, specie nel Salente. Con decreto, conservato nell'archivio storico del Comune, emanato il 4 ottobre 1834 il Re stabilì che la fiera - mercato si svolgesse la 4a domenica di giugno.
Il vescovo Pappacoda, accogliendo l'ordine del re, stabilì che la festa religiosa e la fiera si svolgessero contemporaneamente.
La fiera richiedeva ogni anno una attenta organizzazione per far svolgere con regolarità ogni attività di mercato. Oltre all'affluire di molta gente dai paesi circostanti si conducevano animali da pascolo, da lavoro, da cortile che occupavano ampi spazi e campi nei dintorni della chiesa di San Vito. Numerosi artigiani dei paesi vicini si portavano a Largo San Vito ed esponevano su modeste bancarelle strumenti e attrezzi da lavoro, prodotti nelle loro botteghe.
Nei secoli scorsi la fiera durava otto giorni e tutto avveniva sotto la sorveglianza e l'autorità di un "maestro del mercato". Questi veniva nominato dall'autorità regia che sceglieva tra una terna di nomi che venivano presentati dal Sindaco su mandato dell'Università di Lequile. Di compravendita in quei giorni ce n'era tanta. Ognuno cercava di fare i suoi interessi. Si vendevano vitellini e maialetti; pecore e agnelli o altri animali da cortile. Qualcuno si impegnava a comprare il cavallo o qualche buon aratro o traino. Gli zingari commerciavano comprando o vendendo animali da soma; e le zingare,dalle ampie vesti e con i capelli a trecce attoreigliati dietro la nuca, vendevano utensili per la cucina o per la campagna; non mancavano i mazzi di "acucieddhe", aghi lunghi e affilati necessari per infilzare le foglie di tabacco ormai mature e da essiccare. Qualche anziana, seduta su una vecchia sedia in mezzo al Largo San Vito, vendeva nastrini di color giallo o rosso che si compravano a devozione di San Vito e si legavano ai finimenti o alla criniera del cavallo o dell'asino.
Nessuno dalla fiera se ne tornava a mani vuote. Tutti compravano qualcosa di utile per la casa o il lavoro o per semplice devozione. I mercanti del bestiame da soma o da ingrasso o da cortile, gli artigiani e gli zingari che avevano venduto quanto necessario per i finimenti degli animali da lavoro o per il lavoro nei campi smontavano ogni masserizia o baracca ritornando nei loro paesi o masserie. Non si andava via senza ancora una volta aver attinto con il secchio un po' di acqua dal pozzo di San Vito, acqua che serviva per abbeverare gli animali e per riempire le borracce o gli "ramili" per dissetarsi lungo la strada o per portarla a casa, quale prolungamento della devozione e della benedizione di San Vito.
Verso la metà del secolo scorso la Fiera ha perduto l'antica importanza ed è stata ridotta a un semplice mercato. Ancora oggi la Fiera viene aperta simbolicamente il sabato mattina, vigilia della Festa.Il sindaco, gli amministratori, le autorità civili e religiose preceduti dal gonfalone partono dal palazzo municipale e si recano a Largo San Vito, accompagnati dalla banda. Qui, al suono dell'Inno Nazionale, viene issata la bandiera tricolore in cima alla facciata della chiesa dando così ufficialmente inizio alla fiera - mercato.
In realtà la fiera si svolge solo la domenica mattina: quasi tutti gli abitanti di Lequile e molta gente dei paesi vicini si reca al mercato e gira attraverso le numerosissime baracche dei commercianti che espongono in modo più abbondante quelle mercanzie che troviamo nei comuni mercati settimanali. Si conserva comunque una tradizione e... un buon giro d'affari.
Il 14 di giugno a sera il Capitolo dei sacerdoti al completo con numerosi fedeli portava la statua processionalmente dalla chiesa Matrice a quella del Santo ove si celebravano i solenni festeggiamenti: il sabato a sera, vigilia della quarta domenica di giugno, con numeroso concorso di fedeli si svolgeva la processione con il Simulacro del Santo e con la reliquia del sangue(foto a destra) per le vie della cittadina.
In seguito, poiché la fiera e la festa religiosa si celebravano nel medesimo giorno anche in altri paesi non molto lontani come a Carmiano, a Castri e a Roca, le autorità del tempo ottennero che la festa patronale con la fiera si celebrasse a Lequile la quarta domenica di giugno. Con sovrano decreto del 4 ottobre 1834 Ferdinando II, re delle due Sicilie, autorizzava l'istituzione di "una fiera annuale nella quarta domenica di giugno e nel sabato precedente".
In otto giorni di fiera e di festa religiosa mentre il clero si occupava delle sole funzioni religiose, le autorità civili si occupavano della raccolta delle offerte per organizzare i festeggiamenti religiosi e civili."Ogni anno infatti il Parlamento generale eleggeva il 15 giugno " i nuovi Procuratori per la Cappella di San Vito" con l'incarico di amministrare i beni della Cappella e di organizzare i festeggiamenti in onore del protettore del paese".
Risulta infatti che i devoti di San Vito avevano donato alla Cappella di San Vito dei fondi di oliveti o seminativi il cui affitto riscosso dal Comune doveva essere impiegato o per il culto in onore di San Vito o per la manutenzione della chiesa.
La devozione verso San Vito superava i confini del vasto feudo di Lequile.
Fedeli devoti, a piedi, dai paesi limitrofi, venivano nella chiesa di San Vito per sciogliere qualche voto o per chiedere al Santo adolescente delle grazie particolari. Era consuetudine che le mamme vestissero i loro figli con l'abitino di San Vito e li portassero in chiesa; questi camminando con le ginocchia sul pavimento si recavano fino ai piedi della statua del Santo per chiedere la guarigione della propria creatura e la sua potente intercessione.
Così P. Bonaventura descrive la festa in modo enfatico: "Concorre il giorno festivo gran gente per vedere gli onori, che fa questo suo gran titolare. Porta in processione colla statua del Santo, quella di Modesto e Crescentia, per non perdere il suo nobile vanto, che se l'Aquila fa tre ova, e non più: Aquilae pariunt ova terna, ella come mistica Aquila ha partorito questi tre Santi alla devozione. Ha per costume il giorno festivo portare in processione il Venerabile, e collocarlo nell'Altare del Santo; tutto per alludere al suo bel Nome: un'Aquila porta il pane a Vito affamato sulla sponda del fiume Sileno, e la mistica Aquila di Lequile mette di fronte a Vito il Pane Sacramentato. L'Aquila diede a Vito il pane materiale e quest'Aquila presenta il Pane Spirituale...
Anche ai nostri giorni si continua a constatare questo vivo risveglio devozionale verso San Vito. Quando arriva la quarta domenica di giugno tutti i lequilesi e moltissimi devoti dei paesi della provincia si recano nella chiesa di San Vito per pregare ai piedi della statua e chiedere grazie per l'intercessione del Santo Adolescente. Sempre affollate sin dal primo mattino sono le diverse Messe, come anche la processione del sabato sera che richiama una grossa partecipazione di devoti che, ordinati e raccolti, vanno dietro alla statua del Santo che viene portata a spalla dal gruppo "Amici di San Vito".
3-
La festa grande del mese di giugno
era caratterizzata, com'è tuttora, dalla fiera
- mercato che si svolgeva nei pressi della chiesa di San Vito. Inizialmente
il 15 giugno insieme alla festa liturgica si organizzava un'importante fiera di animali.
In seguito, per la concomitanza di altre fiere in paesi non molto distanti come a Castri e a Carmiano in cui si venera San Vito, la fiera di Lequile fu spostata alla IV domenica di giugno. Fu infatti Ferdinando II di Borbone, re delle Due Sicilie (1830-1859), che volle dare ordine alle numerose fiere del suo Regno, specie nel Salente. Con decreto, conservato nell'archivio storico del Comune, emanato il 4 ottobre 1834 il Re stabilì che la fiera - mercato si svolgesse la 4a domenica di giugno.
Il vescovo Pappacoda, accogliendo l'ordine del re, stabilì che la festa religiosa e la fiera si svolgessero contemporaneamente.
La fiera richiedeva ogni anno una attenta organizzazione per far svolgere con regolarità ogni attività di mercato. Oltre all'affluire di molta gente dai paesi circostanti si conducevano animali da pascolo, da lavoro, da cortile che occupavano ampi spazi e campi nei dintorni della chiesa di San Vito. Numerosi artigiani dei paesi vicini si portavano a Largo San Vito ed esponevano su modeste bancarelle strumenti e attrezzi da lavoro, prodotti nelle loro botteghe.
Nei secoli scorsi la fiera durava otto giorni e tutto avveniva sotto la sorveglianza e l'autorità di un "maestro del mercato". Questi veniva nominato dall'autorità regia che sceglieva tra una terna di nomi che venivano presentati dal Sindaco su mandato dell'Università di Lequile. Di compravendita in quei giorni ce n'era tanta. Ognuno cercava di fare i suoi interessi. Si vendevano vitellini e maialetti; pecore e agnelli o altri animali da cortile. Qualcuno si impegnava a comprare il cavallo o qualche buon aratro o traino. Gli zingari commerciavano comprando o vendendo animali da soma; e le zingare,dalle ampie vesti e con i capelli a trecce attoreigliati dietro la nuca, vendevano utensili per la cucina o per la campagna; non mancavano i mazzi di "acucieddhe", aghi lunghi e affilati necessari per infilzare le foglie di tabacco ormai mature e da essiccare. Qualche anziana, seduta su una vecchia sedia in mezzo al Largo San Vito, vendeva nastrini di color giallo o rosso che si compravano a devozione di San Vito e si legavano ai finimenti o alla criniera del cavallo o dell'asino.
Nessuno dalla fiera se ne tornava a mani vuote. Tutti compravano qualcosa di utile per la casa o il lavoro o per semplice devozione. I mercanti del bestiame da soma o da ingrasso o da cortile, gli artigiani e gli zingari che avevano venduto quanto necessario per i finimenti degli animali da lavoro o per il lavoro nei campi smontavano ogni masserizia o baracca ritornando nei loro paesi o masserie. Non si andava via senza ancora una volta aver attinto con il secchio un po' di acqua dal pozzo di San Vito, acqua che serviva per abbeverare gli animali e per riempire le borracce o gli "ramili" per dissetarsi lungo la strada o per portarla a casa, quale prolungamento della devozione e della benedizione di San Vito.
Verso la metà del secolo scorso la Fiera ha perduto l'antica importanza ed è stata ridotta a un semplice mercato. Ancora oggi la Fiera viene aperta simbolicamente il sabato mattina, vigilia della Festa.Il sindaco, gli amministratori, le autorità civili e religiose preceduti dal gonfalone partono dal palazzo municipale e si recano a Largo San Vito, accompagnati dalla banda. Qui, al suono dell'Inno Nazionale, viene issata la bandiera tricolore in cima alla facciata della chiesa dando così ufficialmente inizio alla fiera - mercato.
In realtà la fiera si svolge solo la domenica mattina: quasi tutti gli abitanti di Lequile e molta gente dei paesi vicini si reca al mercato e gira attraverso le numerosissime baracche dei commercianti che espongono in modo più abbondante quelle mercanzie che troviamo nei comuni mercati settimanali. Si conserva comunque una tradizione e... un buon giro d'affari.
4- I festeggiamenti in onore del santo, quest’anno sono
caduti i giorni 22-23-24 giugno
, in cui sono stati notevoli l’impegni
del comitato per rivivere nuove a vecchie tradizioni , ha animato le serate con
diversi gruppi musicali e comici , con le meravigliose luminarie hanno
addobbato le strade del centro storico e infine con spettacoli pirotecnici che
hanno allietato la serata .
5-
1 P. Bonaventura da Lama, op. cit, p. 248.
2 P. Palma, op. cit., p.61.
3 La poesia è riportata in appendice alla p.
4 A.C.V.L. : Visita del vescovo Sozy Carafa, a. 1753.
5 P. Bonaventura da Lama, op. cit., p.246.
6 A.C.V.L. Visita Pastorale del vescovo Luigi Pappacoda, a. 1695.
7 P. Palma, op. cit., p.136.
2 P. Palma, op. cit., p.61.
3 La poesia è riportata in appendice alla p.
4 A.C.V.L. : Visita del vescovo Sozy Carafa, a. 1753.
5 P. Bonaventura da Lama, op. cit., p.246.
6 A.C.V.L. Visita Pastorale del vescovo Luigi Pappacoda, a. 1695.
7 P. Palma, op. cit., p.136.
Testo
.foto e
Ricerche di :
Alessio Marenaci.
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