San Cesario di lecce: Il Natale nel passato vivo nel presente
In prossimità del
natale , cosa ne pensi di fare un articolo su cosa si faceva un tempo a San Cesario
per natale ?La prima risposta che
mi vine è “nnu sunettu” che i bambini mie compagni di scuola mi insegnarono:
A rriatu Natale
Nu sacciu cce fare
Me piu la pippa
E mme mintu a fumare
Il Natale di quando ero
piccolo io, quello degli anni 60 del secolo scorso. Nove giorni prima del
Natale incominciava la novena e la mamma si alzava prestissimo e assonnata
andava in Chiesa. Il canto di quegli anni era “Tu scendi dalle stelle” e vi
assicuro che sentivo aria di festa nell’aria.
A scuola il Bidello
Nino con il camice grigio preparava un grande presepe nell’atri della scuola
Saponaro, usava i ceppi di vite divelti che inchiodava su degli assi e poi li
ricopriva con dei fogli di carta di giornale intinti in acqua e farina. Quando
ascigavano ecco che li colorava e, magicamente, diventavano alte montagne e
rigogliose valli con ogni sorta di artigiani e pastori e re magi che si dirigevano
verso la capanna che aveva dentro san Giuseppe, la Madonna e il bue con
l’asinello.
Dalla Putea te la Rita
o te la Maria in Via Saponaro correvo ad acquistare una letterina di Natale che
il maestro mi aveva chiesto. L’acquisto doveva essere fatto in segreto. Poi in
classe ecco che ci aiutava a comporre una lettera indi rizzata ai nostri
genitori. Per giorni e giorni si preparava la recita di Natale. Ricordo che in
quinta elementare al posto della solita recita il maestro Tangolo ci fece fare
una danza con le ragazze della V della Signora Terzi. Mi vergognavo da morire a
fare quella danza.
La lettera l’avrei poi
messa sotto il piatto di papà e l’avrei letta il giorno di Natale.
Poi la Vigilia le
pittule!
...Le pittule Le pittule
ce suntu me sai dire?
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ma lu Natale nu se po sentire
se mancanu le pittule : lu megghiu !
Le pittule la sira te Natale
le frisce mama, iou me le rregettu
Su belle caute e nu me fannu male
puru se quarche tuna brucia mpiettu
Le pittule a Natale su de casa
pe li signuri e pe li pezzentusi
Le iti tutte 'ntaula intra la spasa
le mangianu li ecchi e li carusi
La uei na pittulicchia Mamminieddrhu?
Auru nu tegnu, suntu Frusculieddrhu
La notte della vigilia
di Natale tutti riuniti si mangiavano mandorle e pinoli e tutta la famiglia era
intenta ai giochi natalizi, le donne e i bambini con la tombola, mentre gli
uomini mazzetti e sette e mezzo!
A mezza notte la
processione e le preghiere e le litanie guidate dalla mamma e poi, tutti
insieme, si metteva il bambino nella grotta.
Poi il giorno di Natale
tutti a messa con il vestito nuovo. A mezzogiorno io e le mie sorelle mettevamo
le letterine di Natale sotto il piatto di papà e dopo che l’avevamo letta in
presenza dei nonni che venivano a mangiare da noi aspettavamo i soldi che poi
avremmo speso per acquistare i semi e le arachidi te lu Santu.
L’altra cosa che
richiedeva una preparazione laboriosa da parte della mamma erano “li
purceddrhuzzi e le carteddrhate” che cominciavamo a mangiare proprio in quel pranzo
del giorno di Natale.
Io e le mie sorelle non
avevamo regali per Natale, non c’era nulla sotto l’albero che mio padre ricordo
acquistò e decorò con palline colorate e luci intermittenti che ogni anno
richiedevano la consulenza di un elettricista perché se non ne funzionava una
allora la serie non si accendeva. L’intermittenza era data da grosse spine
verdi che si mettevano alla presa e che erano collegate con le serie.
I regali a noi bambini
arrivavano alla befana. Io personalmente partecipavo con le mie sorelle alla
“befana del ferroviere” spettacolino fatto dai figli dei ferrovieri presso il
dopolavoro ferroviario sito al passaggio a livello che c’era prima sulla strada
per andare da Lecce a Lequile.
Ti ho raccontato il
Natale del tuo papà figlia mia. Un Natale povero ma bellissimo! Ti ho detto
queste cose in maniera tale che, quando ti farai grande, potrai raccontarlo ai
tuoi figli.
E magari
reciterai “stu sunettu”:
mamminieddhru miu te
core,
a tie ticu cu me sienti
l'omu quannu nace
riccu,
passa tanti te
trumienti
ieu nu boiu mueru ricca
,
ca stu munnu aggiu
lassare
ma provvedime nu picca
,
sai ca maggiu maretare
Antonio Bruno
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